MOTIVAZIONE VERSUS ABITUDINI

Motivazione versus abitudini: quali azioni compiere per aiutare i pazienti

Se vogliamo migliorare e aiutare anche i nostri pazienti a crescere, vengono individuati in particolare due azioni affinché la vita possa diventare un progresso continuo:

– individuare il problema

– trovare una soluzione riflettendo sul problema

Sembrano due cose simili e quasi banali, ma non è così.

In genere la persona vive il problema e mentre lo vive nella fase acuta fa di tutto per uscirne il prima possibile per evitare di soffrire troppo. Quando ne è uscita fa di tutto per dimenticarsene per evitare di rivivere le emozioni negative a esso associate nel rievocarle.

Così facendo anche quando il problema non è presente, si priva della possibilità strategica di risolverlo perché lo rimuove. Fino a quando inevitabilmente il problema si ripresenta.

Si entra così in una sorta di circolo vizioso di tentativi di allontanarsi da ciò che fa male, allontanandosi anche dalle eventuali soluzioni.

Scappiamo per un meccanismo di autoprotezione messo in atto dalle componenti subconsce del cervello, ma la paura e il dolore vanno affrontati per uscirne e prima affrontiamo ciò che ci fa soffrire e meno intensa e lunga sarà la sofferenza. 

Si forma una carie, la curo, passa il fastidio e il dolore, ma non metto in atto nessuna strategia per fare in modo che non me ne vengano altre nel lungo periodo.

Motivazione versus abitudini: come modificare la dinamica di abitudine

Per modificare questa dinamica bisogna agire in due modi:

– Affrontare il problema quando si presenta: ho la carie, la curo

– Affrontare il problema in seconda battuta: mettere in atto strategie perché le carie non si riformino.

Per fare questo bisogna lavorare su piccole abitudini quotidiane, aspetto che sembra semplice ma che in realtà è molto più complesso. A volte le strategie che mettiamo in atto non solo non sono efficaci, ma possono diventare addirittura dannose.

Le foto creano paura e ansia e spingono la persona a cercare sollievo accendendosi una sigaretta e fumando. 

Se mi sento male emotivamente, mangio male. Dopo aver mangiato male, mi sento ancora peggio e quindi rimangio.

Se non si lavora sulle abitudini, si fa affidamento sull’autocontrollo, che però funziona bene solo sul breve periodo e fallisce sulla lunga distanza.

Motivazione e abitudini nel processo di cambiamento

La motivazione è importante, ma il duro lavoro lo fanno le abitudini che hanno anche molto a che fare con la disciplina mentale: bisogna riuscire a ripetere giorno dopo giorno quelle azioni che ti avvicinano un passo alla volta sempre di più all’obiettivo e bisogna farlo con costanza.

Qual è il rapporto tra motivazione e abitudini nel processo di cambiamento?

Secondo lo psicologo Giorgio Nardone sono una sorta di complementare retro-azione circolare. La motivazione ci spinge a fare qualcosa che poi diventa abitudine che rafforza la motivazione oppure le abitudini possono creare la motivazione che rafforza l’abitudine stessa.

Generalmente sono le abitudini che ci motivano a continuare a fare. Spesso le abitudini si formano dolcemente e le subiamo, non le scegliamo.

Io ho iniziato ad indagare e chiedere ai miei pazienti come hanno dato vita alla loro abitudine a lavarsi i denti.

Ne escono spiegazioni interessanti: “me lo dicevano i miei genitori e mi rimproveravano se non lo facevo”, “un dentista da cui andavo mi aveva detto di spazzolare almeno due volte al giorno”, spesso un “non ricordo, ho sempre fatto così”.

Un cambiamento sostenibile si ottiene rompendo uno schema che si ripete e che per questo è diventato un’abitudine strutturata, ma se l’abitudine è disfunzionale una volta rotto lo schema dev’essere sostituito da un’altra abitudine che abbia la caratteristica di essere più funzionale.

Ogni cambiamento che si vuole introdurre crea resistenza al cambiamento perché le abitudini corrispondono ad una omeostasi stabilita.

Il termine omeostasi deriva dalla fusione di due parole greche, òmoios, “simile” e stasis “posizione”. Padre di questo neologismo fu Walter Cannon, che riprese i concetti di Claude Bernard, secondo cui “tutti i meccanismi vitali, per quanto siano vari, non hanno altro che un fine costante: quello di mantenere l’unità delle condizioni di vita dell’ambiente interno“.

L’omeostasi quindi è un equilibrio che tende a mantenersi nell’organismo, anche quando si tratta di un equilibrio dinamico di comportamenti, di percezioni, di convinzioni.

Per questo è necessario mettere in atto delle strategie per aggirare la resistenza e inserire il cambiamento desiderato, che dovrà essere ripetuto per un certo numero di volte per insediarsi come nuovo modello omeostatico e quindi come nuova abitudine.

Lo studio delle abitudini fa parte della psicologia fin dai tempi di John Watson (1878-1958) che giunse a definire la personalità nel seguente modo: “la personalità altro non è che il prodotto finale di nostri sistemi di abitudini”.

Per decenni è stata presentata una contrapposizione tra motivazione e abitudini.

La motivazione è molto importante, è attraente, sexy, stimolante, ma spesso al di fuori del nostro controllo ed inaffidabile.

Le abitudini invece spesso sono associate a qualcosa di negativo, come fumare, o a routine noiose e poco entusiasmanti. Ma esistono anche abitudini vincenti.

Il bello è che i due mondi non sono affatto contrapposti.

La motivazione

La motivazione che racchiude quindi “i motivi che ci spingono all’azione” si suddivide in:

– Motivazione estrinseca. L’impulso viene dato dall’esterno e dura poco. Inizialmente può essere molto intensa, ma è estemporanea e per questo instabile (voglio dimagrire perché voglio piacere di più a mio marito, vado dal dentista perché ho male, vado dall’igienista perché vedo sanguinare le gengive).

– Motivazione estrinseca. L’impulso viene dato dall’esterno e dura poco. Inizialmente può essere molto intensa, ma è estemporanea e per questo instabile (voglio dimagrire perché voglio piacere di più a mio marito, vado dal dentista perché ho male, vado dall’igienista perché vedo sanguinare le gengive).Motivazione intrinseca o automotivazione. È la forma di motivazione più potente e dura anche nel lungo periodo. È una fortissima determinazione che nasce dentro ognuno di noi e che scaturisce dal senso che noi diamo a ciò che vogliamo fare (voglio dimagrire per avere più stima in me stesso, vado dal dentista perché voglio mantenermi in salute)

Ma anche la persona più motivata al mondo può svegliarsi un giorno senza la voglia di compiere quell’azione o potrebbe voler andare a letto senza lavarsi i denti. E quel giorno l’unica cosa che la salva sono proprio le abitudini.

D’altronde la vera vita straordinaria si poggia su gesti ordinari e per questo la qualità della nostra vita dipenderà dalla qualità delle nostre abitudini sia nei gesti e nelle azioni sia nei pensieri.

Ebbene sì, prestare attenzione alle parole che utilizziamo e che strutturano i nostri pensieri è una delle più importanti abitudini felici che possiamo mettere in campo perché sono proprio le parole che forgiano il nostro modello mentale: possiamo quindi migliorare la nostra vita semplicemente iniziando a migliorare l’uso delle parole che utilizziamo per comunicare. Ma questa è un’altra storia.

Voglio portare alla luce anche un aspetto davvero importante: i nostri pazienti possono volere la stessa cosa (per esempio sottoporsi ad un’igiene dentale professionale) ma per motivi completamente diversi.

Passiamo tanto tempo a parlare e motivare il paziente per portarlo a cambiare un’abitudine di igiene orale, ma se questo non avviene potremmo non aver compreso i motivi specifici che portano il paziente a compiere quell’azione rendendo poco efficace la nostra comunicazione.

E soprattutto “motivare” non si trasforma automaticamente nel far sì che il paziente ogni giorno, per più volte al giorno faccia quello che gli raccomandiamo. È solo la chiave che accende il motore. Poi ci serve un buon motore e della benzina per andare lontano.

Motivazione versus abitudine: come aiutare il paziente

Ascoltare e riconoscere i motivi che spingono il nostro interlocutore ad agire, capire quindi le sue motiv-azioni è fondamentale.

Facciamo un esempio: il paziente viene in studio perché sente un po’ di fastidio ad un dente. Noi gli troviamo molta placca e tartaro, ma per il paziente questo non è un aspetto interessante, magari non se ne rende nemmeno conto. Per noi quel fastidio può essere facilmente riconducibile al suo quadro clinico patologico. Gli spieghiamo tutto lo scibile su placca/tartaro/malattia parodontale/ipersensibilità e ci sbizzarriamo. Ma abbiamo veramente capito perché il paziente è venuto da noi per quel fastidio? Magari quel fastidio gli impedisce di bere serenamente una bevanda fredda quando è in compagnia oppure lo sente mentre parla e lavora a contatto col pubblico e questo gli rende difficile concentrarsi. Il suo “perché è venuto da noi” è distante anni luce dal nostro, ma è fondamentale scoprirlo.

Meglio ancora trovare i motivi intrinseci e se non sono subito chiari, possiamo aiutare il paziente a scoprirli. Questo è importantissimo per garantirci un successo a lungo termine.

Rimanere agganciati ad essi, anche se per noi clinici non sarebbero la priorità, aiuta a farci comprendere meglio dal paziente, che se si sente capito sarà maggiormente disposto ad accettare la nostra soluzione.

Comprendi quindi i suoi motivi e accendi i suoi desideri. Solo così sarà possibile soddisfare o risolvere il bisogno, che sia percepito o meno dal paziente stesso.

Al contrario rischiamo di non motivare correttamente il paziente perché lo porteremmo ad agire dimenticandoci però i motivi più importanti. I suoi.

Una volta fatto questo, si parte a costruire l’abitudine corretta. E qui comincia il bello.

Dott.ssa Elena Bizzotto – Igienista Dentale

Bibliografia:

  1. Brendon Burchard. Le abitudini per l’alta prestazione. La strada per diventare persone eccezionali. ROI Edizioni, 2018
  2. Mazzucchelli Luca. Fattore 1%. Piccole abitudini per grandi risultati. Giunti, 2019
  3. Nardone Giorgio e Balbi Elisa. Solcare il mare all’insaputa del cielo. Lezioni sul cambiamento terapeutico e le logiche non ordinarie. Ponte alle Grazie, 2008
  4. Nardone Giorgio e Roberta Milanese. Il cambiamento strategico. Ponte alle Grazie, 2018
  5. Watson John. Il comportamentismo. Giunti Barbera, 1983